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Terralba. Intervista al giovane parroco di San Pietro, don Mattia

Don Mattia, 30 anni, parroco della parrocchia San Pietro a Terralba, è uno dei più giovani parroci della Diocesi di Ales-Terralba. Prete presente per la sua comunità, si impegna ad ascoltare tutti, non dimentica gli ultimi e cerca di alleviare con il conforto della fede la sofferenza dei malati e delle persone sole. Dalla preghiera in Chiesa al lavoro in Caritas per sostenere le famiglie in difficoltà, agli impegni in oratorio per i giovani, la sua giornata è scandita da ritmi precisi in cui l’incontro con l’altro è incontro col Signore. Don Mattia ogni giorno apre cuore e parrocchia a tutti, attirando tanti giovani. Attraverso momenti ludici, di condivisione e di sport, infatti, offre ai ragazzi momenti di incontro e di amicizia indicando loro la via della luce e cercando di proteggerli dal buio delle devianze così pericolose ai nostri tempi.

Quando hai deciso di diventare prete?

“Se dovessi parlare della mia vocazione, la presenterei come un percorso nel quale il Signore mi ha inserito in maniera graduale, mettendo in me il desiderio di dare di più. Ho vissuto la mia vita di fede fin da bambino all’interno della parrocchia senza mai però impegnarmi in nessun gruppo particolare. Dopo una breve esperienza di lavoro stagionale in un albergo dell’isola, ho maturato ancora di più l’esigenza di un discernimento.”

Oggi sei parroco di una delle parrocchie più grandi della Diocesi. Contro l’apatia diffusa, figlia dei nostri tempi, tu agisci con vicinanza, creatività e carità. Basta per cambiare le cose?

“Il mondo ha bisogno di testimoni più che di maestri. Come possiamo rimproverare ai giovani di non essere presenti nella vita della comunità, se siamo “scarsi” nella testimonianza. Non ho risposte né soluzioni, se non l’impegno di creare relazioni. Penso all’oratorio dove tanti ragazzi si affacciano. Sono tante le occasioni che dovremmo cogliere per intessere legami e poter essere testimoni, così come ci ricordava il San Papa Paolo VI. L’azione concreta che le nostre parrocchie possono compiere è quella della prossimità nel sacramento della riconciliazione che resta fondamentale, e in tanti altri modi.”

Hai visto con i tuoi occhi le conseguenze della pandemia, dividendoti tra gli aiuti concreti per i viveri e il sostegno morale alle famiglie. Emblematico l’aiuto al campo Rom che in pieno lockdown è rimasto isolato, dimenticato. Con più viaggi da Terralba ad Arcidano, assieme ai pacchi con alimenti, hai portato i sorrisi e la speranza.

“Durante la pandemia, la Caritas non ha lasciato nessuno solo. Uno dei miei impegni principali è proprio nel Centro d’ascolto “Buon Samaritano”, attivo da più di 40 anni, dove operano una quindicina di volontari. Grazie a loro riusciamo a fare tanto e c’è bisogno di tanti servizi. Oltre alla distribuzione dei viveri e all’assistenza di un centinaio di famiglie, stiamo cercando di avviare il servizio di distribuzione dei vestiti e un banco farmaceutico. Intendiamo poi avvalerci di psicologi e avvocati per fare un ascolto e cercare soluzioni ai problemi di chi è in difficoltà.”

Come riesci ad attirare i giovani in parrocchia?

“Ci provo più che riuscirci come mi piacerebbe. Nonostante il periodo di fermo per la pandemia siamo riusciti a ripartire. L’oratorio è prezioso. Abbiamo riproposto il Grest con 80 bambini e una trentina di animatori dai 16 anni in su. Ogni giorno cerco di intercettare i giovani, soprattutto quelli che per varie ragioni sono più lontani, per offrire loro un luogo di incontro e condivisione dove le loro storie si intrecciano. L’oratorio ora ha di nuovo la sua squadra di calcio. Abbiamo appena iniziato e sono coinvolti 24 bambini dai 6 ai 14 anni e 24 giovani. Dai 16 anni ai 28 anni formano la squadra “Polisportiva Oratorio Terralba”. Anche questo è un modo per incontrare giovani e famiglie e instaurare amicizie, un incontro che si trasforma in possibilità di annuncio e testimonianza.”

Ricordi un’esperienza che ti ha segnato?

“Non penso ad un’unica esperienza, ma a tante. Mi accorgo, nel mio ministero, che la presenza del sacerdote viene ricercata in tante occasioni: nella sofferenza, nel lutto, nei problema economici. Vengono a parlarmi, mi mettono nelle mani la loro vita, e io vedo i miei limiti, mi sembra di non aver fatto nulla e invece dopo ricevo messaggi di gratitudine per aver ascoltato. Nonostante me, il Signore mi fa scoprire la bellezza del Ministero Sacerdotale.”

Stefania Pusceddu

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